sabato 22 ottobre 2016

La Porsche parcheggiata davanti a casa di Mandela


Non avrei mai pensato che una Lamborghini fosse un indizio, E che una Porsche Cayenne e un titanico Hummer fossero gli altri due indizi per completare il tris di dubbi e servirmi su un piatto la prova schiacciante.
Eppure è così. 

A metà di Ngakane Street, una strada che scende dalle colline di Soweto (Scende. E' per capirci. Diciamo così perché noi l'abbiamo percorsa in discesa, dai), c'è la casa di Nelson Mandela.
Meta di pellegrinaggio per gli ammiratori di Madiba, che giungono qui da ogni parte del mondo, poco alla volta la villetta è stata blobbizzata (avete presente, no, il blob della sigla di Blob? Dai quella massa informe che si mangia tutto scendendo le scale, comprese le scale) da negozietti di paccottiglia locale.  

E fin qui, vabbè, si fa il callo al fatto che un luogo in un certo senso laicamente sacro, come la casa di Mandela, possa fare da volano all'economia del turismo political-pop. Certo, non ha ancora l'aspetto global che rende identica la Plaka sotto il Partenone e piazza Navona, o il centro di Spalato e i vicoli di Ortigia a Siracusa, tutti perfettamente interscambiabili nell'offerta di ciarpame low-cost. 
A Ngakane Street la chincaglieria ha mantenuto, almeno per ora, l'identità del luogo, tutta votata al merchandising locale o comunque orientato al Sudafrica.

Però c'è questa storia della Lamborghini. Che a un certo punto ne vedo una parcheggiata davanti alla casa di Mandela. E poi poco più giù lungo la strada ecco un Hummer. E poi una Porsche Cayenne. E poi Audi a manciate, Bmw come se piovesse, Range Rover a grappoli. E mi fermo perché ho finito le frasi retoriche (si, lo so, meglio).
Intorno ad ogni auto ci sono almeno un paio di ragazzi di colore che lustrano cerchioni e spolverano cofani, in attesa della mancia, che arriva regolarmente dal proprietario dell'auto. E i proprietari di queste auto, che fino a poco prima sorseggiavano aperitivi nei locali lungo Ngakane Street, sono tutti di colore.

Ognuno di loro lascia una mancia ai ragazzi, sale sull'auto, gira la chiave sul quadro e parte lentamente, scendendo ai 2 Km orari la discesa di Madiba tra due ali di folla assiepata tra botteghe e locali, in modo che tutti possano guardare con calma.

E' la passerella della nuova middle class del Sudafrica. Una middle class che ostenta la ricchezza materiale come affrancamento dall'apartheid, risultato finale di un percorso che parte dalle township minerarie ghettizzate e nelle stesse township si conclude con l'esibizione della Porsche, o dell'Hummer, o della Lamborghini lì dove tutto era iniziato, occidentalissima "way of life" a suggello di un percorso di emancipazione.
Che però, a conti fatti, spacchetta ulteriormente le differenze, introducendo a quella primordiale tra bianchi e neri, quella tra neri di serie A e neri di serie B, lasciati - quest ultimi - a lucidare nelle township i cerchioni delle auto di chi ce l'ha fatta. 
Ma chissà cosa direbbe Madiba.

3 commenti:

  1. Ciao Stefano, mi chiamo Laura, ho 32 anni e abito a Modena.
    Ti scrivo semplicemente per dirti che mi piace quello che scrivi e come lo scrivi.
    Ho scoperto da poco il tuo blog e uno dei primi post che ho letto è stato quello sull'ictus di tua moglie Ilaria.
    Non ti dico niente di nuovo scrivendo che avete vissuto,come famiglia, un'esperienza straordinaria, che hai raccontato in maniera commovente, semplice, senza giri di parole. Mi è piaciuto leggerla principalmente per tre motivi.
    Primo, ritengo ti faccia onore il fatto di aver voluto condividere questa esperienza, perchè altri che si sono trovati nella stessa situazione hanno così potuto sentirsi meno soli e provare quel senso di condivisione e comprensione proprio solo di quelli che ci sono passati. Non voglio dilungarmi sulla mia esperienza; ti dico solo che tempo fa mio padre ha avuto un ictus e un infarto a distanza di un anno e quello che ricordo meglio di quei momenti è proprio quel buio di cui parlavi tu mentre sorreggevi Ilaria in mezzo alla strada, e lì davvero (non è una frase fatta), tutto il resto perde d'importanza.
    Secondo, è giusto far sapere quando qualcuno fa bene il proprio dovere, specialmente nel dilagante qualunquismo che, ritengo, sta infestando l'attuale società.
    Terzo, ho apprezzato molto la dichiarazione che fai a tua moglie all'inizio del racconto. "Sei bellissima, Ilaria, lo penso tutte le volte che ti vedo, anche se siamo sposati da 17 anni e ci conosciamo dai tempi dell'università". E la apprezzo perchè penso che ogni donna vorrebbe e dovrebbe essere amata così, perchè non ci sono solo i matrimoni che non durano, perchè è possibile stare insieme tutta la vita nonostante le diversità, le incomprensioni, gli ostacoli, perchè in quei momenti eravate solo voi quattro, tu, tua moglie, le tue figlie, uniti nella consapevolezza che lì contava solo l'amore che vi univa,il vostro essere famiglia.
    Penso che tu abbia fatto benissimo a pubblicare la lettera di Giulio "l'infermiere idealista", perchè è proprio vero che certe professioni vengono sottovalutate (ho espresso la mia opinione in merito nel commento che ho inviato).

    Mi è piaciuto anche leggere "la giusta distanza tra due punti" perchè condivido quell'idea di viaggio e ti stimo per aver deciso di intraprendere quel cammino. Io fatico a stare sola e difficilmente rinuncio alle mie comodità.
    Nel post dove descrivi il sorriso della barista stanca, penso che tu abbia proprio centrato quello che noi donne proviamo almeno una volta nell'arco della giornata.
    Mi è piaciuta anche la descrizione di "quel bacio" al ristorante egiziano, perchè potrebbe sembrare un banalissimo racconto di un banalissimo bacio, ma in realtà esprime quello che tutti (uomini e donne) pensano e vorrebbero:amarsi così, capire, senza parlare, baciarsi, semplicemente.
    O quando parli di quella felicità (senza filtri) dei bambini; lavorando con loro io ho sott'occhio quotidianamente quella purezza, quella genuinità, quella felicità(appunto)senza filtri che (ahimè) appartiene solo a loro.

    Penso che la professione del giornalista sia una di quelle un pò maltrattate e sottovalutate (come la mia); e questo succede perchè purtroppo è difficile trovare professionisti che svolgono il loro lavoro con passione e secondo coscienza, ma anche perchè le persone non si fermano a pensare alla responsabilità che avete: attraverso di voi, infatti passa L'INFORMAZIONE, veniamo a sapere da voi quello che succede intorno a noi, quindi le nostre opinioni, le nostre conoscenze vengono indirizzate a seconda di quello che voi fate passare.

    Grazie per quello che scrivi.
    Buon lavoro!
    Laura

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    1. Grazie Laura, in effetti è un mestiere molto complicato. Ti dirò, appartenendo alla categoria, che in ogni caso il discredito di cui soffre oggi è, purtroppo, assolutamente giustificato, perché la sciatteria e l'approssimazione dilagano. E quel poco che rimane di buono viene ovviamente spazzato via.

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  2. Le mie sensazioni,leggendoti, sono state le medesime ma i miei sentimenti sono andati oltre ed ho pensato alla mia Napoli che è molto diversa da Modena, una cittadina a misura d'uomo, come si suol dire, mentre la mia è fagocitata da se stessa, dalla sua forte antropizzazione, una umanità apparentemente indolente caratterizzata dalla scarsa competitivita, dominata da una élite che vegeta nel sottobosco della poche risorse di cui gode. Una città, priva ormai quasi del tutto della sua vecchia classe media e stretta nella morsa della gattopardiana classe dominante contrapposta alla stragrande maggioranza della massa informe ex proletaria che sia avvia a diventare sempre piu sottoproletariata. Una moltitudine sopravvissuta all'era post industriale di una terra che non è mai stata troppo industriale.

    L'altra sera a Piazza Cavour c'era un autoambulanza e un capannello di persone attorno a una ragazza che giaceva a terra priva di conoscenza. Si era sentita male, si diceva, e la gente stentava a capire per quale ragione non la caricassero subito a bordo per partire a tutta velocità verso il vicino ospedale degli incurabili. Mi sono avvicinato anch'io: somigliava a tua moglie, solo l'età era diversa. Aveva il viso sbiancato rivolto da un lato e attorno a lei i barellieri ed un medico, un'altra ragazza di pochi anni più grande di lei, china verso di lei, che si sforzava di aiutarla non so in che modo, nel gelo della serata dicembrina.
    Sono dovuto andare via e non ne ho saputo più niente. Me l'hai fatta ricordare col tuo racconto.

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