sabato 10 ottobre 2015

Taxi writer
















Non fatevi ingannare dalla foto. Filippo Messori, l'urlatore al centro della foto che imbraccia il basso pronto a sparare decibel sul pubblico e che sta per mangiarsi il microfono, non è un musicista. E non fatevi ingannare neanche quando lo vedete in giro per le strade di Modena alla guida del suo taxi con il gomito a bordo portiera. Lui non è un taxista.
Filippo Messori è uno scrittore. 
Si, certo, suona, guida il taxi, è sposato, gli auguriamo i figli presto, insomma tutto vero. 
Ma è innanzitutto uno scrittore vero. E non so se lui lo sappia.
I suoi flash di vita, narrati attraverso la lente del taxi - che tutti possiamo leggere sul suo profilo Fb -sono tra le cose migliori che leggo.
Rapide, lucide, ironiche, quasi sempre sconvenienti e politically uncorrect. Niente filtri. Ah, aria pura.
L'ultima, di pochi giorni fa, è quasi perfetta.
Eccola.
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Storie in Differita: Dopo una nottata di delirium tremens arriva un velo di stanchezza, ma c'è da fare in stazione, perché quelle cazzo di fan di Ligabue non finiscono, vorresti lo facessero, ma sembra l'Operazione Urano: niente tattica, niente strategia, solo numeri freddi e spietati.
Corri come un maiale verso la stazione ove già pregusti il carico di una manciata scarsa di cicciotte sudaticce e sgolate, dagli accenti variegati, da portare in hotel punitivi in periferia.
E invece no.
Alle 5 e un quarto ti arriva la chiamata che non ti aspetti: il visore cita asettico "voce femminile - Limidi di Soliera - per Mandrio".
.....per Mandrio?!?!?! 
Accetti, ma ti fai delle domande. Poi arriva un secondo messaggio sul visore, che ti rasserena: "per Prato 08, contatta la cliente, non credo si renda conto".
Ecco.
Prendo il cel, già sicuro di farla desistere, per potermi di nuovo occupare delle mie chiattone, ma risponde una voce gentile, dall'italiano corretto, garbatissima, e decisa nonostante l'attesa ed il preventivo appositamente alto a portare a termine la transazione.
Parto.
Arrivo in un quartiere residenziale recente in quello che è un paesotto senza tempo sperduto nella bruma notturna, e mi fermo all'indirizzo. Orario preciso.
Esce la cliente.
Una ragazza nel fiore dei vent'anni, di media altezza, ben vestita. Un capello alle spalle leggermente mosso, scuro, due occhi grandi e castani dolci come la voce al telefono, un viso gentilissimo con una voglia a forma di messico sulla guancia (citazione criminale ma nel momento mi ero lasciato naufragare nel melodrammatico). Si avvicina sorridente, io sorrido, quella notoriamente è l'ora dei rottami, mentre qua siamo su un red carpet. Sorride. 
Sorride, e si sposta di lato.
Scoprendo il fidanzato.
Fisico discreto, capello corto ai lati e lungo sopra raccolto in una cipolla, un pizzetto castano un po' da bohemienne; camicia bianca violentemente in difetto sui pettorali, che scopre un petto tatuato e rasato, e braccia altrettanto pittate, tutto corredato di braccialetti e ninnoli. Un pantalone con risvoltino aberrante, color rosso spento ed a coste, disperatamente lontano dai mocassini d'ordinanza.
Insomma, l'incrocio tra il melancolico Johnny Depp di Chocolat ed il mio coglione sinistro.
Clamorosamente ubriaco.
La dolce ragazza lo butta in macchina, mi sussurra l'indirizzo e fa ciao ciao con la manina farfallina. Lui rantola un rutto ed prova a chiedere se può aprire il finestrino. È una bomba ad orologeria, fa anche gli scatti alcolici. Ansima, sbuffa, si contorce a rallenty. Glie lo apro, mette fuori la testa, e livi la terrà per tutto il viaggio, e partiamo. 
Rimpiango la ragazza.
Lui si avvinghia alla portiera, la strada è piena di buche, irregolarità, dossi, e curve. Od ogni cambio di peso arriva un messaggio sonoro, da captare ed interpretare.
Buca: blaurgh.
Dosso: sgnarlfghnnnnhnh.
Svolta a sinistra: puff!!! buff!!! nick nick!!!
Un corollario di onomatopee che per me significavano tutte la medesima cosa: coglione.
Seicentottanta volte coglione.
Dopo lunghissimi chilometri di nulla, ecco Mandrio.
Se volete avere idea di come si presenti Mandrio nella notte buia di un primo autunno, pensate ad campo profughi sudanese ma con una quantità di umido superiore del 694%, immerso nella padania ridens.
Arrivo alla via subito, grazie al Garmin.
Mi fermo. 
Dorme.
Proprio come un coglione.
Gli metto una mano sul ginocchio coperto dalle braghe rosse, il suo calore alcolico mi fa salire la melancolia di Chocolat.
Quanto sei bello.
Quanto sei bohemienne.
Ritorno in me.
Gli do' una pacca, poi un altro paio. Rinviene.
"Ehi oltretomba, siamo arrivati. È qui?"
"Aaaahahhhmmmmm..... ssssa sis si...... sihm, sihm, hraphie.... vrendo i sholdi e via.... gu.... gu... guanto?!?!..."
"Sono tot, come d'accordo con la ragazza."
Strabuzza gli occhi pensando sia al salasso che al due di picche acidissimo che ha rimediato.
Prende il borsellino, cercando di dissimulare la sbornia appoggiandosi al pannello della porta, con gli occhi fessurati ed un pelo di bava alla bocca.
".....aaaaaaah.... eeeeeeeeh, speriamo di averli..."
Un rumore meccanico squarciò improvvisamente il silenzio di quella tarda notte, o prima mattina, secco, in un certo senso definitivo.
Il mio dito premeva leggero il tasto della chiusura centralizzata.
Eravamo chiusi dentro.
Io ed Oltretomba.
Speriamo davvero che li trovi quei soldi, Chocolat.
Quanto sei bello.
Quanto sei bohemienne.
Proprio come Johnny Depp in Chocolat.
O come il mio coglione sinistro.

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