sabato 4 gennaio 2014

Il vicolo cieco del PD di Modena

Francesca Maletti
Nei corridoi della politica, almeno in quei pochi che percorro io, non si dice altro: il PD a Modena non esiste più. Certo, è un giudizio sbrigativo e in parte fuori bersaglio.
Fotografa infatti solo in parte la sostanza delle cose e pare indirizzato più che altro alla sensazione urticante che si respira oggi (in quei corridoi in modo particolare).
Il Pd di Modena dal punto di vista organizzativo esiste certamente. E' l'ultima (l'unica) struttura partitica in vita da queste parti, con tutto il corredo liturgico che ne determina l'impalcatura gerarchica, le funzioni, gli obiettivi, le cariche, i programmi. Ma che, al tempo stesso, da quella ritualità viene inesorabilmente ingabbiato quando arriva Francesca Maletti, che con un semplice e irrituale annuncio di autocandidatura a sindaco di Modena scivola via beatamente e senza alcun intoppo tra gli ingranaggi del partito, ingranaggi la cui messa in moto per gestire "l'affaire" arriva quando la Maletti è già fuori tiro, simbolicamente parlando.

Si, perché l'obiettivo primario per molto tempo da parte del PD è stato esattamente questo: individuare un metodo politicamente ineccepibile per far fuori l'autocandidata.

Le cose poi sono andate come sono andate.

A metà dicembre Richetti appoggia la Maletti partecipando all'inaugurazione dei locali del suo comitato elettorale e, il giorno successivo, Bonaccini si sfila dalla corsa a sindaco. Un uno-due potente come un ko, certamente non casuale, che spariglia le carte, che irrobustisce l'ala malettiana (per capirci) e che costringe gli ingranaggi del Pd - ala ex DS in primis - a prendere rapidamente velocità per sfornare una nuova candidatura alternativa alla Maletti.

Com'è andata lo sappiamo tutti: una sfilza di "no" (Cecilia Guerra, Palma Costi, per certi versi Massimo Mezzetti) e un "ni" di Giancarlo Muzzarelli, il cui annuncio potrebbe però arrivare tra pochi giorni.

Per arrivare a oggi, all'incoronazione di Francesca Maletti da parte di Matteo Richetti, elevata a rango di rivoluzionaria, un modo pittoresco per indicare senza possibilità di equivoci la direzione che dovranno prendere i voti alle primarie del PD.

Oggi, dopo la revoluciòn de Francisca, in quei corridoi di cui dicevo le cose più palpabili sono tre:
  • la prima è la sensazione del vicolo cieco: mentre nel PD i cervelli brainstormizzavano, le correnti correntizzavano, gli equilibri interni si disequilibravano, la Maletti - passo dopo passo - faceva la sua strada. Quando lo sguardo ombelicale degli altri si è alzato verso l'orizzonte, la Maletti non c'era già più, era quasi arrivata in piazza Grande.
  • la seconda è l'ironia manifesta verso Matteo Richetti, la cui foga nel cingere d'alloro la Maletti è un tantino imbarazzante dato che, solo pochi mesi fa, lo stesso Richetti liquidava la candidatura della Maletti vista solo come garanzia di tutela di piccoli potentati locali.
  • la terza è l'incazzatura dilagante (non mi viene un termine politicamente più analitico, scusatemi) verso Stefano Bonaccini, reo - con il suo rimandare la decisione sul da farsi - di aver sottratto tempo prezioso al PD, che avrebbe potuto confezionare un'altra candidatura molti mesi fa. 

La sostanza che registro nei corridoi, alla fine, è quella di una città in cui un'autocandidata a sindaco, non voluta dal suo partito, si trova con le chiavi della città praticamente già in mano, corteggiata sul filo di lana da qualche big in affannosa opera di riposizionamento (ne seguiranno altri, stiamone certi).



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