mercoledì 15 maggio 2013

Il giornalismo superficiale che fa crollare la diga del Vajont

Vi do questa notizia: la diga del Vajont non è mai crollata.
La diga era costruita benissimo, ma nel posto sbagliatissimo, cioè a ridosso del monte Toc, inadatto a reggerne la pressione. Che, infatti, franò sul bacino artificiale, creando l'onda che uccise 1917 persone.
E il processo stabilì il dolo: si costruì nonostante si sapesse che lì non si doveva costruire. Punto.
Dire che la diga è crollata, come continuano a fare tanti giornali anche oggi (Vanity Fair, International Business TimeBefan ecc)  in occasione del passaggio del Giro d'Italia in quelle zone, è una leggerezza che umilia il ricordo della tragedia a 50 anni di distanza, proprio perché il fatto che la diga sia lì ancora intatta è l'elemento-chiave di tutta la vicenda.
Nella superficialità della routine giornalistica (senza malafede, sia chiaro, faccio anche io questo mestiere e so che succede e basta) spesso evapora la capacità di utilizzare la memoria come formidabile strumento di identità nazionale, favorendo invece una cialtroneria, anche se involontaria, che rischia di primeggiare come tratto distintivo di questo Paese.

VANITY FAIR
BEFAN


INTERNATIONAL BUSINESS TIME


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