giovedì 21 marzo 2013

L'apriscatole di Grillo serve solo per contare le caramelle


Come volevasi dimostrare. L'apriscatole a 5 Stelle si rompe non appena intacca la superficie suprema del Quirinale. Ma come?!? Dieci anni di vaffanculo urlati al cielo da piazze che schiumano rabbia, uno tsunami che nel suo percorso ha travolto città, province, partiti, ideali, persone, rendite di posizione. L'onda anomala che conosciamo bene, quella stessa onda che ha lasciato dietro di sé una scia di equilibri mandati all'aria e che aveva spalancato una prateria in cui ricostruire un futuro a misura di cittadino, corroborato da una morale civica trasversale, pulita, cristallina.
Quella rivoluzione a suon di bit che ha conquistato il mondo e le copertine patinate del web, che fa incetta di voti, che fa il pieno di deputati e senatori, che arriva al colloquio con il Capo dello Stato, che può finalmente dare forma, nome e cognome allo sconvolgimento annunciato, dare un viso,  sostanza, sì, una sostanza, perché nel MoVimento questo nome sarebbe stato sostanza, e che succede?
Succede che nel momento dei momenti il MoVimento si affloscia come un soufflè della prima repubblica: "Abbiamo indicato un processo, non un nome", dice la capogruppo alla Camera, Roberta Lombardi, liquidando con la consueta spocchia pentastellata i giornalisti in attesa di precisazioni, sfoderando purtroppo una continuità con i bei tempi delle "convergenze parallele", quando dare risposte concrete agli elettori era un dettaglio secondario rispetto ad equilibri terzi. Equilibri che emergono con chiarezza nel piano B del comico: se non ci date la guida del governo, dateci la presidenza del Copasir e Vigilanza Rai, per poter "rendicontare anche le caramelle".
Se fossi un grillino, sarei molto irritato. Mi sarei aspettato un'auto che entra nelle sale ovattate del Quirinale, un'auto che va a batterie solari guidata finalmente dal misterioso candidato M5S per il governo, che a un certo punto apre la portiera, scende e dimostra a Napolitano che si possono respirare le esalazioni  dalla marmitta di quell'automobile, da cui esce vapore acqueo, perché in quella tecnologia c'è anche l'idea del nuovo mondo a cui si punta.
Invece no. Le caramelle rendicontate. Un processo, niente nomi. La presidenza. Gnegnegnegne gnegne gne gne. Che lagna. E che delusione.
Qualche settimana fa, prima delle elezioni, ero a pranzo con uno dei politici del PD più in vista a livello nazionale. Tagliatelle, lui. Io arrosto all'aceto balsamico.
"Secondo me il MoVimento non dura tanto", avevo abbozzato io, che posso permettermi la leggerezza e l'approssimazione tipica di noi giornalisti, soprattutto di fronte all'arrosto fumante.
"Anche secondo me", aveva concordato lui.
Ecco, credo che la nostra previsione non fosse così campata in aria.  Perché il MoVimento, quello vero, quello delle origini, quello delle istanze vere e trasparenti, quello della bellezza della politica sana,  quello dell'idea di Paese nuovo, quello che ha spinto quasi nove milioni di italiani a votarlo, quello che in fin dei conti aveva istanze trasversali a tutto il centrosinistra, quel MoVimento sta cambiando pelle sotto gli occhi allibiti di una buona parte del suo elettorato.
Ciò che rimane, probabilmente identico nei numeri, è un'altra cosa.
Ridateci il MoVimento, non seppellitelo nella tomba del lamento spocchioso.

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