domenica 6 gennaio 2013

Emilia rossa, cuore nero: e se il peggior grillismo fosse il nuovo fascismo?

Qualcosa dev’essere successo se, alla fine della visione di un documentario che parla degli estremismi di destra e di sinistra in Emilia-Romagna, mi rimane in testa un pensiero: non sarà che il vero pericolo in Italia è il grillismo? Non intendo quello sano e pieno d'aria democratica, ma quello rancoroso e settario. 
Strano, no? Addirittura stranissimo, se si pensa che - nel documentario in questione - né Grillo, né il MoVimento 5 Stelle sono mai citati. 
Eppure, dopo aver trascorso un paio d’ore a casa di Gabriele Veronesi, che mi ha chiamato per vedere in anteprima a casa sua una versione quasi definitiva di Emilia rossa, cuore nero, la mia sensazione è proprio questa.

Provo a spiegarmi.

Il documentario, come già ampiamente annunciato sul web, tratta il tema della presenza delle due opposte fazioni – estremismi di destra e estremismi di sinistra – che si contrappongono sul territorio emiliano. Lo stesso Veronesi, nel sito dedicato al progetto, spiega:  “Da una parte i “neri” in cerca di spazi e libertà che ritengono legittimi, dall'altra parte i “rossi” che ricordano le sofferenze della guerra e difendono i valori dell'antifascismo. “Emilia rossa, cuore nero” è un viaggio attraverso la regione rossa per eccellenza, cercando di raccontare con sguardo imparziale e lontano dai crismi dell'inchiesta, il difficile rapporto tra le due fazioni”.
Veronesi, che aveva dato prova del talento di documentarista in “Modena al cubo”, qui conferma il profilo di chi si approccia in maniera seria e analitica alle questioni, circoscrivendo l’oggetto a quanto annunciato nel titolo – e cioè alla situazione in Emilia-Romagna – senza avventurarsi in proiezioni su scala nazionale o verso ipotesi di scenari globali.

I cinquanta minuti del documentario (che sarà proiettato pubblicamente a partire da febbraio) scorrono rapidi e fotografano la presenza degli opposti estremi in regione, dai nostalgici di Predappio, che si ritrovano sulla tomba di Mussolini, ai fedelissimi di Lenin che rimpiangono il compianto Vladimir Il'ič Ul'janov all’ombra del busto che troneggia nella piazza di Cavriago. Fari puntati anche sulla presenza di Casa Pound o Forza Nuova in diversi comuni, oltre che sui movimenti antifascisti e anarchici organizzati sul territorio. Una mappatura dei fenomeni, insomma, con una rapida incursione anche nei fatti di cronaca, su tutti gli scontri di ottobre 2011 a Modena tra Polizia e attivisti dei centri sociali,  che si erano radunati di fronte all’Hotel Europa per protestare contro un’iniziativa della Fiamma Tricolore.

L’impressione, ascoltando nel documentario le ragioni degli estremismi opposti, è che i fenomeni indicati da Veronesi siano parte di realtà numericamente limitate, residuali e, per certi versi, autoconclusive, nel senso che i nostalgici delle opposte sponde si garantiscono reciproco motivo di esistenza, ma - al contempo - si annullano vicendevolmente, in una continua “guerriglia” che tiene entrambi ai margini dei centri decisionali o dai luoghi in cui il consenso può prendere forma in maniera strutturata. Per dirla in altro modo, è come assistere a una guerra virtuale, fine a sé stessa, come se questi estremismi - che in alcuni casi hanno tratti anche macchiettistici - fossero solo la schiuma delle onde nel mare della “vera” contrapposizione destra-sinistra, che nei decenni si è ripulita dagli elementi impresentabili e si è istituzionalizzata, trasferendo il confronto in sedi più civili e, quasi sempre, frutto di delega del voto popolare.

Ma se questi estremismi sul territorio sono così residuali, non lo sono certamente le idee sottese, al contrario, basti guardare all’avanzata delle destre xenofobe nell’Europa dell’Est, per limitarci a un esempio notissimo. 
E allora, come si fa a riconoscere i segnali di questi movimenti pericolosi? Come si può scongiurare l'avvento di nuovi totalitarismi?

Uno dei meriti di Veronesi, proprio a tale riguardo, è di offrirci a questo punto lo sguardo lucido e disincantato di Aude Pacchioni,  partigiana e Presidente provinciale di Modena dell’ANPI, che in un breve, ma straordinario intervento, spiega quali siano gli elementi che non vanno mai sottovalutati per respingere alla base qualunque tentativo del fascismo di riprendere quota. 
Eccolo, integrale:
"Bisogna mettere in guardia le nuove generazioni da queste dottrine pseudo decisioniste. Non c'è bisogno di un partito che si rifà ai principi fascisti perché le linee fasciste passino. Ci sono degli atteggiamenti, delle posizioni sui problemi anche d'attualità, che partono da un principio: <<Non servono i partiti, la politica è tutta roba sporca, non bisogna fare tutta la discussione inutile nei parlamenti eccetera... Basta che ci sia uno che decide>>. Eh no! E' faticosa la democrazia, non è una cosa semplice, perché chiede anche ai cittadini una loro corresponsabilità".
Ma voi – nelle parole di Aude Pacchioni – non leggete i tratti del peggior grillismo? Io, si.

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